In maniera costante, prescindendo da tutti i Lerda, i Pagliari e i Bollini. I numeri raccontano che questa costante ha i suoi picchi ogni volta che gli avversari sono più abbordabili, i campi più piccoli, le opportunità più grandi. I numeri raccontano che questa squadra si trasforma in casa o, forse, si trasforma in trasferta a prescindere dagli uomini schierati e da chi li schiera.
Non è questione di tattica, non è questione di alchimie. E’ qualcosa che scatta, o che forse non scatta, e che si trasforma puntualmente in incapacità di imporsi e capacità di autolesionarsi nei modi più incredibili (per ultimo quello combinato ieri da Vinetot prima e Scuffia poi). I numeri dicono che il Lecce è “fatto” così. E per “fatto” intendo generato, costruito, formato, cresciuto. E il fatto di giocare sempre da “solo” fuori casa non lo aiuta, ricordiamolo. Questa è “la fredda cronaca”, la fredda verità circa chi siamo. La dicono i numeri.
Articolo di Diego Consales
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Condivisibile il tuo pensiero, Diego, però forse un concetto non sembra essere stato stressato a sufficienza. Il Lecce è stato fatto così da qualcuno, non si è fatto così da solo. Appaiono evidenti ai più le pecche della direzione sportiva capace di immaginare tutto un girone di ritorno ed eventuali playoffs con una sola punta centrale di ruolo ( che, guarda caso ci è venuta a mancare) e di affidare la squadra ad allenatori manifestamente incapaci ( almeno due su tre, uno non l'abbiamo proprio potuto valutare) e completamente avulsi dalle scelte di mercato, ignorando a più riprese la possibilità di ingaggiare onesti lavoratori di categoria capaci di far giocare la squadra come si gioca in lega-pro e di affiancare utilissimi e sconosciuti calciatori " di categoria" alle vedettes dall'illustre passato ma dallo scarso rendimento.