Il Lecce in Lega Pro e la legge di Murphy

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Esiste una legge pseudoscentifica, satirica, da cui poi nel tempo sono stati sviluppati numerosi corollari, nota come Legge di Murphy. Recita più o meno così: “Se qualcosa può andare male lo farà”.

Per quanto priva di fondamento scientifico, sembra perfettamente calzare agli ultimi cinque anni del Lecce, da quel Chievo – Lecce, ultima giornata di campionato in serie A a ieri.

Cinque anni in cui tutto è andato all’opposto di come doveva andare. Tra errori, arbitraggi e sfortuna il Lecce non si è mai fatto mancare nulla.

Nel primo anno alle colpe evidenti della squadra che ad un certo punto si è persa, lasciandosi raggiungere da un Trapani che ha preso il regalo ed incartato, si sono sommati degli arbitraggi risibili. I giallorossi nel primo anno in terza serie hanno raggiunto il non invidiabile record per un campionato professionistico di circa 1 gol su 3 subito su rigore. E nonostante una squadra che non c’era più, un allenatore, Gustinetti, preso per non fare nulla, il Lecce sarebbe salito, se la barriera non si fosse aperta su una punizione non irresistibile.

Nel secondo anno la scelta di prendere Moriero si è rivelata fatale. Cinque sconfitte consecutive hanno costretto a squadra, dopo l’esonero del tecnico, ad una estenuante quanto vana rincorsa. E il Lecce si è dovuto arrendere al Frosinone, al palo e soprattutto ad un arbitraggio completamente sbilanciato.

Nel terzo anno, l’ultimo della gestione Tesoro, gli errori sono veramente tanti, dalla riconferma di Lerda, che ormai aveva fatto il suo tempo agli allenatori succedutesi, con un Bollini del quale ci si ricordano soprattutto le chiacchiere e il fatto che si fosse detto soddisfatto del campionato svolto. Ma se non altro il campionato non ha lasciato grossi rimpianti, visto che il Lecce non è mai stato al di là del centro classifica.

Poi è arrivato il Lecce dei leccesi, tutti speravano che si potesse finalmente risorgere ed abbiamo assistito ancora una volta un campionato all’inseguimento del primo posto, ancora una volta vano, ancora una volta il destino si è deciso ai playoff. Nei quali, il Lecce è arrivato fisicamente stremato dal non gioco di Braglia, brutto ma estremamente dispendioso.

E poi quest’anno, squadra rinnovata, allenatore nuovo che sembrava poter dare alla squadra un gioco ed un’identità. Nonostante la vetta per gran parte del campionato, il gioco si è perso dopo poche giornate, l’identità non c’è mai stata. E tutto ciò era evidente già prima di Foggia. Ma la Società ha voluto continuare a puntare su Padalino, cambiandolo con colpevole ritardo. E poi c’è la partita di ieri, figlia di un regolamento assurdo, di un’ estrazione sfortunata, di un portiere che para tutto il parabile e di quella palla che ancora una volta si stampa sul palo nei supplementari.

E nel mezzo a tutto ciò una Lega Pro che sentiamo appartenerci sempre meno e non lo sentiamo solo noi, ma ce lo dice la realtà. Giochiamo in campi in cui i 6000 spettatori che noi faremmo in agosto in amichevole sono considerati una folla oceanica, in cui mezze squadre fanno nell’intero campionato gli spettatori che il Lecce fa in una partita.

Ma intanto siamo imbottigliati qui, in questa categoria, diretta da individui che, agendo nel totale disinteresse dei tifosi e dello sport, aumenta a dismisura il numero delle squadre, rende sempre più difficile salire e, facendo regolamenti al limite dell’assurdo, punisce il merito.

Dobbiamo smaltire questa delusione, l’ennesima, perché siamo fiduciosi che presto o tardi le cose torneranno a girare e ci riprenderemo tutto il debito che la fortuna ha nei nostri confronti. Perché per quanto sia assurda questa situazione, la legge di Murphy non esiste davvero e arriverà anche il nostro momento.

Quanto a noi tifosi tra due mesi saremo di nuovo su quei gradoni, più forti del destino, perché Non molleremo mai.

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