Contestazioni, rescissioni ed altre amenità

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Come ampiamente atteso e pronosticato è arrivata, puntuale, la prima contestazione vera alla gestione Tesoro di queste tre stagioni. Non se ne cruccino più di tanto Savino ed Antonio, negli anni hanno subito contestazioni ben più violente nei toni e nei modi presidenti, direttori sportivi e allenatori dallo spessore ben diverso e per motivi, se vogliamo, anche più futili.
Dai compianti Solombrino e Jurlano (padre) fino ai mai rimpianti Semeraro, tutti sono stati a turno nel centro del mirino dei tifosi. Chi perché arrivava sempre secondo, chi perché vivacchiava in serie B o non riusciva a tenersi stretta una A, chi perché non è mai riuscito a fare il “salto di qualità” e avvicinarsi ad una vera dimensione internazionale.

Vi sono state contestazioni contro Mimmo Cataldo, che pure riusciva ad imbastire squadre più che decenti con quattro soldi, contro Corvino, che svendette sul più bello il gioiello Bojinov alla squadra di cui sarebbe diventato DS l’anno dopo(…conflitto d’interessi ante litteram?).
Vi sono stati campionati interi anche vittoriosi in cui l’unica costante era lo striscione ” Sonetti (o chi per lui) vattene”.
D’altronde, chi entra a vario titolo nel mondo del calcio deve aspettarsi, prima o poi, una contestazione. E’ nell’ordine delle cose. Ed anche i calciatori, soprattutto quelli d’esperienza (ed il Lecce attuale ne è imbottito anche più del lecito), questo dovrebbero saperlo. Non se ne abbia a male Davide Moscardelli (che allarga le braccia sconfortato alla fine del primo tempo), non se ne abbia a male Romeo Papini (che ha sempre sputato il sangue in campo). La contestazione non può per definizione essere fatta alla squadra “eccetto tizio o caio”.
Perché si vince e si perde in 11, più il mister, più le riserve, più il DS, più il presidente, il massaggiatore, il preparatore atletico e via discorrendo fino al custode dello stadio. È stato sempre così e così sarà sempre.
Durante queste stagioni, anzi, la tifoseria ha fornito alla dirigenza un’apertura di credito inusitata, tifoseria forse grata per aver rilevato una sociatà altrimenti destinata nelle mani dell’amministrazione comunale, come si sa, povera in canna.
Si è soprasseduto all’evidente dilettantismo nella gestione, ai valzer di allenatori (il cambio Toma-Gustinetti alla vigilia dei playoffs, il ritorno di Lerda dopo la disgraziata gestione Moriero). Si è soprasseduto alla dissennata gestione dello spogliatoio da parte si di Lerda ( autodefinitosi “testa di…”) ma anche della dirigenza. Alla fine il redde rationem è arrivato.
Ci sono sconfitte che sono diverse da altre. Reggio è una di queste. A Reggio non si doveva perdere. I reggini sono gli amichetti dei baresi. Le tifoserie di Lecce e Reggio si odiano da tempo immemorabile. I reggini hanno sempre goduto di trattamenti di favore da parte della FIGC, anche quando sono stati ritenuti colpevoli di illecito le penalizzazioni sono state sempre comminate in modo da fare il minor danno possibile. La Reggina è mesta e derelitta in fondo alla classifica, disastrata sia come squadra che come società. Quale momento migliore per darle il colpo di grazia asfaltandola per bene? Quale situazione più propizia dopo aver chiuso il primo tempo in vantaggio di un gol? Invece no: secondo tempo scandaloso, tocchetti e corsette in campo, atteggiamento molle, sorpasso gentilmente concesso agli increduli reggini.
Fine partita, il danno oltre la beffa: via Pagliari, qui da appena un mese, dentro Bollini. Niente a favore di Pagliari, niente contro Bollini, ma qualcosa di certo non quadra. Quale tifoseria non avrebbe contestato? Ma al peggio non c’è mai fine evidentemente. Vittoria più che meritata contro il modesto Savoia al Via del Mare, sotto la contestazione, ed ecco, a sera, la nuova “bomba”: Miccoli rescinde.
La stampa sportiva leccese, che già sta cavalcando l’onda della contestazione per portare acqua ai soliti noti, alle varie cordate, ai nostalgici della gestione Semeraro, e a tutta quella Lecce “bene” che si interessa di calcio solo quando c’è da dare delle “bestie” agli UL o da dare in testa all’intruso di turno nei loro affari ed affarucci, non aspettava altro per buttarsi a pesce sul ricchissimo buffet.
Sull’argomento ho da dire un paio di cosette.
Dopo una storia veramente infinita di dichiarazioni d’amore verso il Lecce e la sua tifoseria da parte del gioiello di S.Donato, di appuntamenti mancati per un soffio, di contatti e trattative sempre andati in fumo all’ultimo momento, ormai a fine carriera ed in disgrazia per le note vicende “telefoniche”, il prode Fabrizio arriva nel Lecce. Lo abbiamo detto: appesantito, con qualche anno sul groppone, ma tutti, anche i più scettici, pensano che con quei piedi in lega-pro Fabrizio possa fare la differenza anche giocando da fermo. Probabilmente lo pensava anche lui, perché sovrappeso com’era, più che da fermo non poteva giocare. Invece no: in una stagione e mezza mai decisivo, nemmeno sui proverbiali calci piazzati.
Da un professionista, per di più innamorato della maglia che indossa, ci si sarebbe aspettato che si mettesse sotto ad allenarsi e che adottasse un regime alimentare tale da tirarsi a lucido in un paio di mesi. Invece no: in una stagione e mezza nessun passo in avanti. Una-due partite dentro e poi un mesetto fuori per acciacchi vari, come se avesse 50 anni, e non poco più di 30. Io, caro Fabrizio, negli anni ’80 ero talmente innamorato di questa squadra da saltare la cena alla mensa universitaria per una settimana (1.500 lire a pasto) per tirar su il prezzo del biglietto di curva in trasferta, il resto per parte del viaggio in treno (la restante parte del viaggio si faceva giocando a nascondino con i controllori o “a passaggi”).
Tu, nel 2014 non ne sei abbastanza innamorato da fare correttamente e diligentemente quello che altro non è che il tuo mestiere: il calciatore professionista. Il tanto vituperato Mariano Bogliacino, che pure gli anni suoi li ha eccome, si è “sucato” panchina e tribuna per dei mesi senza dire una parola, si è allenato seriamente e ieri ha sfoderato una prestazione più che dignitosa in un ruolo non del tutto “suo”. Tu hai fatto le bizze per una stagione e mezza e non sei mai stato decisivo. Arrivederci e grazie. Non ascriverò alla famiglia Tesoro la colpa del tuo fallimento a Lecce.
E veniamo a chi cavalca la contestazione. Bene, i Tesoro stanno finalmente smobilitando. A loro rimprovero, oltre al dilettantismo ed al pressappochismo dimostrato nella gestione, anche una certa mancanza di franchezza e di trasparenza via via sempre più evidente. E’ il momento, per chi per tre anni ha millantato voglia e possibilità sufficienti a rilevare il Lecce, per le “cordate” famose, di farsi sotto: fatevi avanti e giocate le vostre carte, se ne avete in mano. Altrimenti tacete, quaquaraquà che non siete altri, e fate tacere i vostri tirapiedi armati di penna e di tastiera.

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